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1. Letture – 2 t.o. C, 20 gen ’19

LITURGIA DELLA PAROLA

PRIMA LETTURA
Gioirà lo sposo per la sposa.

Dal libro del profeta Isaìa (Is 62,1-5)

Per amore di Sion non tacerò,
per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo,
finché non sorga come aurora la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada.
Allora le genti vedranno la tua giustizia,
tutti i re la tua gloria;
sarai chiamata con un nome nuovo,
che la bocca del Signore indicherà.
Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,
né la tua terra sarà più detta Devastata,
ma sarai chiamata Mia Gioia
e la tua terra Sposata,
perché il Signore troverà in te la sua delizia
e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposeranno i tuoi figli;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te.
Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sl. 95(96)
Rit: Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore.

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.

Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.

Prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
Egli giudica i popoli con rettitudine.

SECONDA LETTURA
L’unico e medesimo Spirito distribuisce a ciascuno come vuole.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 12,4-11

Fratelli, vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.
A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue.
Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.
Parola di Dio

CANTO AL VANGELO Cf. 2Ts 2,14
Alleluia, alleluia.
Dio ci ha chiamati mediante il Vangelo,
per entrare in possesso della gloria
del Signore nostro Gesù Cristo.

Alleluia.

VANGELO
Questo, a Cana di Galilea,
fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 2,1-11)

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma
lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Parola del Signore

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2. Esegesi – 2 t.o. C, 20 gen ’19

(spunti di esegesi)

RIEMPITE LE ANFORE

Isaia 62,1-5 – Per amore di Sion non tacerò
1 Corinzi 12,4-11 – Vi sono diversi ministeri
Giovanni 2,1-11 – Fu invitato alle nozze anche Gesù

Dio gioirà per te
I testi domenicali segnalano la rilevanza del tema nuziale. L’immagine delle nozze è la più adatta per dire chi è Dio, cosa fa per noi e che cosa da noi si aspetta, qual è il cuore, la fonte e il fine di tale relazione tra Lui e noi. Il profeta ricorda che Sion, resa nuova dal Signore, riceve segni di regalità, che però non la fanno grande, ma sempre è sotto l’attenzione del Signore: «Come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te» (Is 62,5). Questo sentimento di gioia ci fa sentire Dio vicino. Sembra quasi che egli abbia «bisogno» della sua creatura per cancellarne l’infedeltà e condividere con essa un nuovo patto nuziale. Nel Vangelo ciò che Gesù fa nelle nozze a Cana, è un rimando anticipato alla sua risurrezione nella quale Dio irrompe definitivamente nella storia umana. Questa «ora» non è ancora venuta, ma Gesù l’anticipa con un segno. «Il terzo giorno» (v. 1), è nota di tempo che ci protende verso il giorno della risurrezione di Gesù. L’acqua cambiata in vino esprime il passaggio dal segno dell’acqua, presente in tutto l’Antico Testamento, al nuovo segno del vino nuovo in Cristo, il quale dice di essere la vera vite. In lui è giunto il tempo in cui i popoli possono vedere la giustizia di Dio.

Nel dono della gratuità
A Cana Gesù inizia a manifestare i segni del Regno, e compie un miracolo che potremmo dire quasi «inutile». Non guarisce un paralitico, non ridona la vista ad un cieco, non libera un indemoniato, né cammina sul mare in tempesta e lo placa. Semplicemente regala, ad un banchetto di nozze, più vino e vino migliore! Il Signore della storia è l’Onnipotente, ma anche l’umile; è Colui che sconfigge i potenti, ma anche Colui che in mezzo a tanti, partecipa al banchetto. Le sei giare sono i sei giorni dell’uomo, i giorni della purificazione in un cammino di attesa e di lavoro, nel settimo giorno giunge Gesù e porta a compimento i giorni dell’attesa. I giorni dell’attesa divengono vino sovrabbondante per il banchetto dell’ultimo giorno. La sorpresa di fronte al vino ultimo migliore del primo, sembra voler alludere allo stupore dell’uomo di fronte alla novità del Regno.

Per una trasformazione piena
Credere è inserirsi in questo cammino di cambiamento: dall’acqua al vino, dal vino buono al vino migliore, dalla morte alla risurrezione, dalla carne allo Spirito, dalle tenebre alla luce. Credere nella manifestazione di Gesù vuol dire sedersi a mensa con Lui al banchetto della vita. Ogni cristiano d’ora in poi non dovrà più registrare le piccole disavventure del momento, ma solo scorgere il mistero che lo Spirito propone dietro i segni del momento. Maria è al banchetto con Gesù e gli apostoli, sembra che la famiglia non sia completa senza di lei. Interviene con una mediazione tanto discreta quanto efficace. È una delle nobili proprietà delle madri quella di essere in mezzo, ma con discrezione. La mediazione di Maria porta al Cristo le urgenze dell’uomo (non hanno più vino) e ricorda all’uomo l’attenzione alla Parola del Figlio (fate quello che vi dirà).

Capace di vivere la libertà
Il Signore allora, che ci chiede di essere come Lui, domanda un cuore libero per scoprire questi semplici segni del Regno ed accogliere l’invito di Maria, maestra della quotidianità, a fare ciò che ci dirà. E se ci dirà di compiere un miracolo, ci insegnerà a farlo, se ci dirà di portare a tavola una brocca apparentemente colma d’acqua, trasformata da Lui nel migliore dei vini, noi lo faremo con lo stesso entusiasmo e lo stesso stupore, perché in ogni gesto si manifesti la sua tenerezza per i figli. I doni che lo Spirito fa sono diversi, ma lo Spirito rimane uno; i ministeri che Gesù Cristo ha affidato a ciascuno sono diversi, ma rimane Lui il solo Signore; le opere che Dio Padre compie in ciascuno sono le più varie, ma Egli rimane l’unico Dio. Lo Spirito concede a ciascuno una manifestazione particolare di sé, preferendo la diversità all’uniformità e dando così il segno di un amore che cede al fascino di ogni persona.

PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
– Dio gioisce, e tu per cosa gioisci?
– In che cosa riesci ad essere gratuito?

IN FAMIGLIA
Il matrimonio è motivo di gioia.
I genitori elencano tutte le gioie che sentono di aver avuto e ricevuto.
Dall’elenco ricavano una realtà che più di altre hanno percepito pienamente gratuita, frutto di un regalo pieno e totale.

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3. Annunciare la Parola – 2 t.o. C, 20 gen ’19

1. PER COMPRENDERE LA PAROLA

La I lettura, che presenta Gerusalemme come la Sposa del Signore, è messa in rapporto col Vangelo delle nozze di Cana: qui Gesù dona il vino nuovo, simbolo della grazia che realizza le sue nozze con l’umanità da lui salvata.

PRIMA LETTURA
I versetti, presi da Isaia 62, sono pervasi da un grande fervore di gioia e di speranza. Sono stati composti al ritorno dall’esilio. Nonostante le rovine in cui gli Israeliti hanno trovato Gerusalemme, il profeta si lascia andare all’euforia. Egli vede e vuol far vedere l’avvenire che il Signore riserva a Sion.
Egli vede Gerusalemme risplendente di luce, come l’aurora dopo la notte, come una lampada che dissipa le tenebre. E questa luce attirerà i popoli. Ritroveremo nel salmo il tema dell’ammirazione dei pagani per Gerusalemme.
Ma soprattutto vede rinnovarsi le relazioni di Israele col suo Dio: corona e diadema di Dio, Gerusalemme manifesterà la gloria del suo Re. Più ancora: il Signore trovando la sua gioia nella città da lui ricostruita, ne farà la sua sposa. Le darà un nome nuovo: “Mio compiacimento”, “Sposata”. (Nella Bibbia, dare un nome significa sempre operare una trasformazione profonda dell’essere).
Questa intimità di Dio col suo popolo (simboleggiato da Gerusalemme) è tanto più meravigliosa in quanto segue a un lungo periodo di apparente abbandono. Proprio la “abbandonata”, la “devastata”, è ormai la giovane sposa.

SALMO
I versetti presi dal salmo 95 esprimono lo stesso fervore di trionfo e la stessa attesa universale. Si tratta d’un canto nuovo, perché, finite le prove di Israele, la liberazione degli esiliati e la ricostruzione di Gerusalemme creano una situazione del tutto nuova. I pagani potranno finalmente riconoscere la gloria, la potenza, la santità del Signore e servirlo come loro Re e Giudice.

SECONDA LETTURA
Il brano, preso dalla prima lettera ai Corinzi, ci offre un prezioso chiarimento sulla vita della Chiesa, le sue ricchezze e le sue povertà.
Le sue ricchezze: l’abbondanza e la varietà dei doni dello Spirito (i doni fatti da Cristo-Sposo alla sua Chiesa-Sposa), che mirano soprattutto al progresso della fede, alla vita cristiana, al discernimento, e nello stesso tempo al bene dei cristiani (guarigioni, miracoli) e al fervore delle loro assemblee di preghiera (le lingue, l’interpretazione).
Le sue povertà: l’insistenza di Paolo nel ricordare che un solo Dio – Signore e Spirito – distribuisce questi diversi doni, l’affermazione che tali doni sono ricevuti “per l’utilità comune”, evocano la confusione, le divisioni, l’ambiguità di certi entusiasmi che provocano delle crisi nella comunità di Corinto.

VANGELO
L’episodio delle nozze di Cana è, come l’intero Vangelo di Giovanni, colmo di simboli.
A una prima lettura vi troviamo parecchi dati interessanti: il riconoscimento da parte di Dio del valore della vita coniugale e della festa; l’importanza dell’intercessione di Maria, attenta ai nostri bisogni; la potenza di Cristo, la sua generosità nei doni, la sua discrezione negli interventi, che tuttavia sono determinanti per la fede.
È necessario però spingerci molto più avanti.
Queste nozze umane, dove Gesù è presente, sono il punto di partenza del tema di Gesù, sposo dell’umanità.
Le nozze di Cristo e della Chiesa avverranno quando “sarà giunta l’ora”, l’ora cioè in cui, sulla croce, Cristo si offrirà totalmente per la Chiesa; l’ora in cui Maria, “la Donna”, diventerà madre della nuova umanità.
Allora l’acqua delle giare di pietra (simboleggiante il rituale giudaico diventato del tutto inutile) cederà il posto al vino nuovo (simboleggiante la grazia e il dono dello Spirito nella Nuova Alleanza).
Allora, molto più che col miracolo di Cana, si manifesterà la gloria di Cristo, e non solo gli apostoli, ma gli stessi pagani crederanno in lui.
L’osservazione del maestro di tavola: “Tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono” assume in questa luce un nuovo significato. Bisognerà aspettare l’“ora” del Cristo glorificato affinché il buon vino, lo Spirito Santo, sia donato.

2. PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)

Sperate nella Chiesa?
L’essere preoccupati per la Chiesa dà un tocco di distinzione. Magari ricorrendo a statistiche sulla pratica, sulle vocazioni, sulle missioni. E lamentandosi del comportamento dei giovani, dell’incapacità di adattarsi della gerarchia, delle divisioni fratricide nelle comunità.
Pur senza fare lo struzzo, perché non partecipare al fervore, all’entusiasmo del profeta? (1a lettura). La comunità giudaica era allora ridotta a un pugno di scampati; Gerusalemme era un mucchio di rovine. E tuttavia il profeta la vede diventare la luce e il desiderio del mondo pagano (cf anche il salmo).
Perché non fare, come Paolo, la lista notevole dei doni dello Spirito che si manifestano anche oggi nella Chiesa? (2a lettura). Se vi sono delle manchevolezze e delle miserie (cf “Non hanno più vino” del Vangelo), Cristo, Sposo della Chiesa, suo architetto che non smette di costruirla e di ricostruirla, è sempre pronto a darle il vino nuovo dell’amore. La Chiesa non è abbandonata, ma rimane la preferita, la gioia di Dio.
Perché alla fine non dovrebbe vincere il bene?

Quali doni vi ha fatto lo Spirito?
Non molto tempo fa la Chiesa era una cosa dei preti. Oggi si comincia a superare questo stadio (una mano la dà anche la crisi delle vocazioni).
Molti cristiani si chiedono quale posto competa loro nella comunità. I doni dello Spirito enumerati da Paolo, e che sembrano scomparsi, ritrovano, con nomi nuovi, nuova esistenza e nuova efficacia: catechisti, animatori liturgici, responsabili dell’Azione Cattolica, delle opere caritative, ecc., e a loro modo contribuiscono a edificare la Chiesa. Ricompare persino il curioso dono delle lingue (cf i gruppi “carismatici” che sorgono qua e là).
In questo rinnovamento scorgiamo però dei rischi.
– Che alcuni si ritengano senza alcun dono, ammirino da lontano i “responsabili” dimenticando la loro grazia specifica. È allora il momento di risvegliarsi, di avere il coraggio di credere al dono fatto da Dio a ognuno per gli altri.
– Che i doni si oppongano gli uni agli altri, che ognuno si regoli soltanto in base alla sua grazia e al suo ministero. È allora il momento di ricordarsi che il dono è concesso come “una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune”, cioè per il servizio della comunità.

Volete bere il vino delle nozze?
Il matrimonio è in crisi, aumentano le unioni libere. Si ha paura dell’impegno della vita, preso… per sempre. Non sarebbe il caso allora di rivalorizzare il matrimonio, anche tenendo presenti le molte scoperte fatte da alcuni anni sulla spiritualità coniugale?
La presenza di Gesù alle nozze di Cana è quasi una benedizione del matrimonio. E il miracolo del vino non ha perso interesse: quante vite coniugali partite come una festa sono diventate un po’ alla volta insipide… È venuto a mancare il vino dell’amore. L’amore fedele, vissuto senza cedimenti, capace di perdono, è sempre una specie di miracolo. E tale miracolo, discretamente, Gesù continua a operarlo per coloro che glielo chiedono.
E ciò va ben oltre la vita coniugale. Anche i giovani, i celibi, i vedovi devono vivere di amore, a loro modo. E soltanto Cristo, sposo della Chiesa, può insegnarlo ad ognuno, secondo il suo stato.
Perché non partecipare oggi, simbolicamente, al calice del vino del Regno, del sangue di Cristo versato sulla croce, dal momento che è stato dato per sempre per sposarci tutti? Allora ci verrebbe comunicata la festa dell’amore e noi potremmo viverla giorno dopo giorno con coloro che formano la nostra famiglia.

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4. Ti Spiego la Messa

Prepariamo i nostri piccoli alla comprensione delle parti della Santa Messa


(N. 10 – 20gen2019) La chiesa.


(N. 9 – 13gen2019) I Simboli della liturgia.


(N. 8 – 30dic2018) I collaboratori.

La liturgia è un azione comunitaria. La celebrazione dell’Eucarestia è sempre valida anche se e quando il sacerdote si ritrova a celebrarla da solo.
Ma il senso di comunità, tanto nei giorni feriali quanto in quelli festivi, risalta e riempie i cuori nella varietà dei ministeri, ossia dei compiti che ciascun fedele svolge.
Gli addetti a servizio all’altare, in maniera sempre composta, silenziosa, con movimenti sobri e incedere soave in tutti gli spostamenti e i passaggi
(evitando di attirare l’attenzione su di sè con acconciature o abbigliamento stravagante,
con fare distratto o disordinatamente affaccendato, colpi di tosse ricorrenti, risolini, ecc…)

contribuiranno, come degli angeli, a far convergere tutta l’attenzione
sull’ascolto della Parola dall’ambone
e nel rivivere all’altare l’Ultima Cena di Gesù.
Il coro ben guidato, si occupa di abbellire i vari momenti della messa cercando di invogliare l’assemblea al canto senza sostituirsi ad essa completamente.
Gli strumentisti accompagnano il canto, con l’attenzione che il volume della musica non sovrasti quello delle voci.
lettori, consapevoli del compito di prestare la loro voce affichè la Parola di Dio giunga chiara e ben impostata alle orecchie dei fedeli,
devono far attenzione che le labbra siano ben allineate col microfono, adeguatamente funzionante con tutto l’impianto di amplificazione.
Ed è preferibile che, avendo letto in anticipo i testi che andranno a proclamare, chiedano consiglio di come si pronunciano alcune parole di uso non frequente o nomi particolari.
Coloro che accompagnano la processione offertoriale, hanno cura di recarsi in tempo nei pressi del tavolino da dove prenderanno pane, vino e altri segni utili.
Allo stesso modo, gli incaricati di svariati altri compiti (raccolta delle offerte, distribuzione di libretti dei canti, foglietti per la messa, avvisi settimanali, ecc…)
devono far tutto con spirito di servizio e non con il sottile intento di mettersi in mostra…
la gran parte dei fedeli presenti, pur non avendo compiti particolari, contribuirà all’edificazione vicendevole
attraverso una partecipazione attenta, rispondendo alle acclamazioni, mettendo a tacere il telefonino…

In una liturgia ben preparata, ben curata e ben partecipata
tutti si è al servizio gli uni degli altri,
nessuno è indispensabile,
tutti spossono rendersi utili…
per vivere al meglio e sempre fruttuosamente il proprio incontro con il Signore Gesù!


(N. 7 – 23dic2018) I Colori della Liturgia.

I paramenti del sacerdote, come i veli che ricoprono l’ambone e orlano l’altare, cambiano di colore a seconda del periodo liturgico o della festività del giorno, come è indicato nello specchietto di seguito…


(N. 6 – 16dic2018) La Liturgia Eucaristica…

…si sta avviando verso la Comunione. Il sacerdote invita TUTTI i fedeli, quelli che facendo la comunione riceveranno Gesù e quelli che per diverse situazioni se ne asterranno, ad unirsi spiritualmente a Lui. Con l’ “Agnello di Dio", chiediamo ancora perdono a Colui che ha dato la sua vita a motivo dei nostri peccati per riconciliarci col Padre, riconoscendoci bisognosi di tutto questo e desiderosi della sua pace.

Mostrando ancora ai fedeli l’ostia sacra e spezzata (si ricorda così il Cristo crocifisso), il celebrante introduce le parole cariche di fede del centurione (uomo di per sé non appartenente al popolo eletto!) che tutti facciamo nostre: chi si trova nell’incertezza di poter accedere alla comunione (pur non avendo peccati gravi) affinché superi il suo senso di indegnità e aderisca con slancio all’invito di Gesù (non siamo noi che “facciamo" la comunione… è Gesù che si dona!); e chi vive situazioni di vita non compatibili con il senso profondo dei sacramenti (ai quali, per questo, non può accedere) affinché viva la comunione “spirituale" e invochi l’aiuto dall’alto per vivere con rettitudine la sua vita.

La processione verso la comunione, accompagnata dal canto e dal raccogliemento, resta l’immagine della Chiesa in cammino verso Cristo. Ancora un atto di fede viene richiesto nell’atto di ricevere l’Eucarestia (sulle mani ben aperte o direttamente in bocca): pronunciare la parola “Amen(="Si, è così, credo che questo è il Corpo di Cristo!"). La compostezza del momento, poi, impone che non si facciano inchini, che non si sposti la testa, che non si faccia uno scatto all’indietro, che ci si allontani dalla parte esterna della fila senza intralciare gli altri fedeli, che non si facciano svariati metri con l’ostia in mano prima di portarla alla bocca. Tornando al posto, ci si raccoglie in silenzio o ci si accorda con i canti di comunione o di ringraziamento. Normalmente, quello che fanno i ministri nel loro compito di riordinare l’altare o di riporre nel Tabernacolo le ostie avanzate, non dovrebbe interessare: ciascuno prega il Signore presente nel Sacramento e appena ricevuto nel proprio corpo.

Queste semplici raccomandazioni ci fanno concludere la terza parte della messa e ci fanno passare direttamente all’ultima: il Rito di Conclusione.

1. Qualche avviso aiuta a tenere il passo con gli appuntamenti della vita della comunità.

2. La preghiera conclusiva riprende il tema della liturgia ed esorta ad un rinnovato impegno nella vita.

3. La benedizione finale infonde l’incoraggiamento di Dio a perseverare senza indugi nella vita di fede.

4. Le parole di congedo e il canto finale sciolgono l’assemblea e ci ricordano che la messa, intesa come “incontro con Cristo" prosegue nella vita di ogni giorno, al di fuori della chiesa e al di là di tempi “riservati" per pregare Dio.

SE LA MESSA È STATA VISSUTA CON PARTECIPAZIONE E RACCOGLIMENTO,
se si sarà tenuto il telefonino spento…
se non ci si è distratti con pensieri inutili…
se non si è passato il tempo a chiacchierare…
se non si è passato tutto il tempo a guardare l’orologio…
SI USCIRÀ DALLA CHIESA MIGLIORI DI COME SI È ENTRATI,
PIÙ DISPONIBILI AD AMARE E SERVIRE DIO E IL PROSSIMO,
PIÙ RICCHI NELLO SPIRITO E RADIOSI IN VOLTO,
INTIMAMENTE CONVINTI CHE “SENZA LA MESSA NON È DOMENICA",
CHE SENZA LA MESSA IL CRISTIANO NON PUÒ STARE.




(N. 5 – 9dic2018) Proseguendo in questa terza parte della messa, la Liturgia Eucaristica…

…ci ha fatto appena rievocare il festoso ingresso di Gesù a Gerusalemme, tra i cori del “Santo".

Ora siamo nel Cenacolo, con gli Apostoli, accanto a Gesù, da Lui invitati a rivivere la sua Ultima Cena. Questa parte della messa è un’altra splendida invenzione del Signore: noi tutti duemila anni fa non eravamo presente nell’atto culminante della Storia della Salvezza. Ma QUELL’EVENTO, grazie alla liturgia, ci raggiunge nell’oggi: nella persona, per le mani e la voce del sacerdote, e grazie all’azione dello Spirito Santo vivo e operante nella vita della Chieda e nei Sacramenti, Gesù stesso cambia il pane e il vino nel suo vero corpo e nel suo vero sangue. Propriamente, non è una “trasformazione" del pane e del vino (dal momento che proprio la “forma" resta la stessa!): ma un “cambiamento della sostanza". Oh povertà del nostro linguaggio che ci fa dire in maniera imperfetta “pane e vino si trasformano in Gesù“…! Dovremmo imparare a dire che “si transustanziano in Gesù“…, ma capiamo che si tratta di un linguaggio un po’ difficile. L’importante, però, è che i fedeli piccoli e adulti con gli occhi della fede vedano e capiscano quello che avviene sull’altare. Gesù è qui!

E le parole della Preghiera Eucaristica ci invitano ad associarci al grande ringraziamento di Gesù al Padre per aver amato ciascun uomo nel crearlo libero e nell’averlo salvato da quel cattivo uso della sua stessa libertà che chiamiamo “peccato“. Da figli disobbedienti e bricconcelli quali siamo, meriteremmo solamente castighi e punizioni… e invece Lui ci perdona continuamente e pazientemente aspetta che lo riamiamo – finalmente, liberamente, convintamente – come Padre!

Il sacerdote invita a riconoscere tutto questo: è “Mistero della Fede!" e noi come assenso pieno rispondiamo insieme “Annunciamo la tua morte, Signore / proclamiamo la tua Resurrezione / nell’attesa della tua venuta!“.

Seguono preghiere per il papa, i vescovi, i sacerdoti e l’unità dei cristiani … il ricordo dei defunti … l’invocazione dei santi a protezione del nostro stesso cammino terreno verso il Regno dei Cieli.

Tutto viene riassunto nell’offerta che il sacerdote rivolge alzando il corpo e il calice con il sangue di Gesù, e insieme con Lui anche noi CI OFFRIAMO al Padre con un convinto “AMEN!“.

Il Padre Nostro e lo Scambio della Pace esprimono il nostro riconoscerci suoi Figli e fratelli tra di noi proprio grazie a Gesù.  (segue)


(N. 4 – 2dic2018) E siamo alla terza parte della messa: la Liturgia Eucaristica.

Mentre il ministro (sacerdote o diacono) stende sull’altare il “corporale" (=un quadrato di stoffa rigida che accoglierà i sacri vasi contenenti il Corpo di Cristo), dal centro o dal fondo della chiesa vengono portate le offerte: il pane e il vino da consacrare, il denaro o ceste di viveri per le necessità della chiesa e per i poveri, alcuni oggetti simbolici (che sarà bene accompagnare da una spiegazione) indicanti l’offerta spirituale dell’assemblea a seconda del tema del giorno o di un particolare periodo liturgico. Si abbia cura di distinguere ciò che è “offerto" a Dio, da ciò che è segno di qualcos’altro (un impegno, un atteggiamento che si vuole assumere, ecc…): ad esempio, il pallone portato all’altare non viene “offerto", dal momento che poi viene nuovamente adoperato per il gioco, ma viene indicato come simbolo di amicizia, di fraternità, di rispetto del prossimo, o altro. E lo stesso dicasi per un cartellone, una lampada, un mappamondo, lo zaino con i libri di scuola, e così via.
Comunque venga organizzata la processione offertoriale, in questo momento della messa ciascun fedele, interiormente, offre e depone ai piedi dell’altare la sua stessa vita: le proprie opere buone, le proprie sofferenze, qualche preoccupazione, qualche sacrificio accettato come penitenza o come atto di amore per il prossimo… Nulla di ciò che si sta vivendo è estraneo né di poco conto agli occhi di Dio! Raccogliersi in preghiera e unire la propria vita all’offerta che Gesù fa di se stesso al Padre fa pienamente parte del significato profondo della messa e di una partecipazione viva, intensa e fruttuosa.

Oltre al vino, il sacerdote lascia cadere nel calice alcune goccioline d’acqua, accompagnando il gesto dalle parole sottovoce
L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione
con la vita divina di colui
che ha voluto assumere la nostra natura umana
“.
   San Cipriano di Cartagine (III sec.) in una delle sue lettere, indirizzata a Cecilio, legge in questo gesto la mescolanza dell’umanità con il Cristo:
Se qualcuno offrisse solo vino,
il sangue di Cristo inizierebbe a essere senza di noi.
Se invece ci fosse solo acqua,
allora il popolo inizierebbe a essere senza Cristo
” (Epistola 63,13).
Anche san Tommaso D’Aquino (XIII sec.) nella Summa theologiae difende quest’uso, dandovi quattro ragioni differenti, tra cui quella di significare l’unione del popolo cristiano con Cristo.

Con la Preghiera sopra le offerte, il sacerdote invita l’assemblea a vivere con fede la fase successiva della messa: la grande preghiera eucaristica. (segue)


(N. 3 – 25nov2018) La seconda parte della messa (Liturgia della Parola) prevede, ancora:

(oltre a: 1. l’ascolto della Parola di Dio
2. la spiegazione da parte del celebrante, comunemente detta “omelia“, già trattati…)

3. la recita del Credo
4. le Preghiere dei Fedeli.

Alla Parola di Dio proclamata, ascoltata, spiegata, applicata alla vita e accolta come dono di Dio in persona, segue qualche istante di SILENZIO. Questo tipo di pause meditative tra un momento e un altro della messa, normalmente, non devono essere vissute con disagio, perplessità, incertezza… come se stesse accadendo qualcosa di strano o qualcuno si fosse dimenticato qualcosa di necessario e vi si stesse provvedendo… No! Le pause sono utilissime per l’interiorizzazione di quanto si sta vivendo o di una parola che ha colpito particolarmente. Così è dopo l’omelia del celebrante.
– La prima risposta dell’assemblea al Signore è, così, la proclamazione della nostra fede: di domenica in domenica ci ricordiamo e rafforziamo la convinzione nelle verità contenute nel CREDO. A seconda del periodo liturgico o del tipo di celebrazione, il Credo può essere espresso nella formula (abituale) del Simbolo Niceno-Costantinopolitano, oppure in quella del Simbolo degli Apostoli (più breve), o ancora mediante la formula interrogativa delle Promesse Battesimali (pag. 180 del Messale Romano).
– La seconda risposta è poi la serie di PREGHIERE DEI FEDELI, lette solitamente dal foglietto ufficiale dell’assemblea, oppure (meglio!) preparate dal Gruppo Liturgico parrocchiale o a turno dai vari gruppi, associazioni o movimenti incaricati di animare la liturgia. Solitamente la prima di queste preghiere è espressa a beneficio della Chiesa universale, la seconda è formulata per varie categorie del genere umano (governanti, nazioni, fedeli di altre religioni, professioni varie, ecc…), le altre  considerano situazioni contingenti, del posto o di ricorrenze particolari, alla luce degli spunti e dei temi offerti dal Vangelo. Ci si ricordi però che oltre alle preghiere che vengono “lette", anche Dio legge nei nostri cuori le preghiere che ci portiamo dentro, per il prossimo, per le persone che ci sono care, per i defunti che amiamo ricordare e anche per le nostre necessità. Sarà dunque bene che il celebrante riservi degli istanti di silenzio prima di riassumere tutto nell’orazione conclusiva. Il canto di offertorio chiude la Liturgia della Parola e introduce la Liturgia Eucaristica. (segue)


(N. 2 – 18nov2018) La seconda parte della messa prevede:

1. l’ascolto della Parola di Dio
2. la spiegazione da parte del celebrante, comunemente detta “omelia"
3. la recita del Credo
4. le Preghiere dei fedeli.

Soffermandoci questa domenica sui primi due punti, va detto che l’assemblea deve prestare la massima attenzione a ciò che viene letto: non sono puri e semplici modi di dire, o fatti e fatterelli del passato… è Dio che ci parlaè la Storia della Salvezza che ci raggiunge nell’oggi! sono le opere di Dio compiute nel tempo attraverso il popolo eletto e giunte a compimento nel dono del Messia atteso che ha rivelato il volto di Dio, che ha realizzato la salvezza dell’uomo, che ha rivelato all’umanità il suo destino eterno!

Tutto ciò non può e non deve trovarci ascoltatori annoiati, distratti, frettolosi… E tutta l’assemblea deve favorire l’ascolto attento (lettori ben preparati, pause di silenzio tra una lettura e l’altra, microfoni funzionanti e senza interferenze fastidiose, ecc…) e ridurre al minimo i fattori di distrazione (rumori di ogni genere, cigolii di porte, inginocchiatoi ribaltabili, sedie che si spostano, persone che vanno e vengono, squilli di cellulare, ecc…).

Nel libro del profeta Amos la Parola di Dio è paragonata ad un ruggito: «Il Signore ruggisce da Sion e da Gerusalemme fa udire la sua voce» (Am 1,2). Questo ruggito è una vera e propria manifestazione di Dio, come la voce del tuono: «Ruggisce il leone: chi non trema? Il Signore ha parlato: chi può non profetare?» (Am 3,8). Così, l’assemblea deve accogliere la proclamazione delle Sacre Scritture come il dono che Dio ci fa oggi, nel contesto storico e personale che stiamo vivendo adesso: qui ed oggi Dio ci parla, Dio mi parla. E a ben guardare, ad ogni partecipazione attenta alla messa vi è sempre almeno una frase, una parola, un’espressione, un dialogo, un insegnamento… che viene a nutrire la mia, la nostra vita spirituale; che viene a consolarmi da una pena; che mi è di stimolo per la mia fede; che illumina la mia situazione di coscienza e i rapporti col prossimo; che mi fa apprezzare di più il fascino della persona di Gesù. Ed ha il potere di renderci migliori e di accrescere la nostra amicizia con Dio!

Solitamente il Vangelo è collegato, richiamato o preparato dalla Prima lettura, che è tratta dall’Antico Testamento e alla quale l’assemblea esprime il suo assenso mediante i versetti del Salmo, detto appunto “responsoriale", cioè “di risposta" a quanto ascoltato; la Seconda lettura (presa dalle Lettere apostoliche, o dagli Atti degli Apostoli o dal Libro dell’Apocalisse), invece, non è necessariamente collegata al tema della domenica.

Al sacerdote, poi, il compito di spiegare le letture, di attualizzare la Parola di Dio, di sviluppare il tema del giorno, facilitando l’applicazione alla vita che ciascuno farà da parte sua. E di farlo in tempi ragionevolmente contenuti, con un linguaggio comprensibile e capace di far presa sull’uditorio, con un tono per lo più esortativo e mai colpevolizzante, senza pensare di sostituirsi all’azione dello Spirito di Dio che parla ai cuori. L’omelia va preparata, e non improvvisata sul momento come attingendo ad un repertorio. Va pregata e meditata già lungo la settimana. E i contenuti, gli esempi, i modi vanno calibrati alla tipologia di assemblea che si ha davanti.

Per quanto importante (se non addirittura strategico, in ottica di una pastorale ben curata!), tuttavia da parte dei fedeli questo momento della messa costituisce un elemento accessorio e non essenziale del proprio personale incontro con Gesù nell’Eucarestia. Il fedele dalla spiritualità matura benedirà in cuor suo il Signore per un’omelia gradevole, interessante, ben fatta, ricca di spunti utili… E saprà anche offrirla come forma di penitenza se l’avrà trovata lunga, noiosa e inconcludente…! (segue)



(N. 1) Da questa domenica 11 novembre 2018 (32a del Tempo Ordinario “B") in due riquadri per volta, proponiamo una semplice presentazione delle parti della messa e del loro significato (utile anche per giovani e adulti!). Buona catechesi!

PRESENTAZIONE GENERALE
Non siamo noi che “andiamo a messa": è Gesù stesso che ci rivolge l’invito di prender parte alla sua Ultima Cena, e lo fa attraverso la persona del Sacerdote che “gli presta" gesti e voce. Gesù vuole associarci alla sua grande preghiera di ringraziamento che rivolge al Padre, affinché pure noi diventiamo più simili a Lui nell’ascolto della sua Parola e nell’offerta di noi stessi a Dio e al prossimo. Per questo la messa è il luogo privilegiato per il nostro personale incontro con Gesù vissuto nella fede.

La “messa" o Celebrazione dell’Eucaristia si compone di QUATTRO PARTI (a loro volta comprendenti diversi momenti):
I. i Riti di Introduzione
II. la Liturgia della Parola
III. la Liturgia Eucaristica
IV. i Riti di Conclusione

Fanno parte dei riti introduttivi:
1. il Canto Iniziale (scelto solitamente in modo da dare il tono generale al tema della domenica);
2. il Saluto del Celebrante, (che dopo il Segno della Croce(*) saluta ed esorta i fedeli alla partecipazione viva e attenta);
3. l’Atto Penitenziale (che, se vissuto con la giusta devozione, comporta la remissione dei peccati veniali: tale remissione non è “automatica", perché frequentemente lo si compie con totale distrazione… ma se si partecipa con le dovute disposizioni, tutta la Messa produce come effetto la remissione dei peccati veniali – Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1394 – pur restando vivamente raccomandato, anche per questa remissione, accostarsi al Sacramento della Riconciliazione);
4. il canto o la declamazione dell’Inno di Gloria;
5. la Preghiera di Colletta, che raccorda gli animi di ciascun fedele con lo spirito generale dell’Assemblea, e conclude la parte iniziale della messa richiamandone il tema portante.

È anche bene che i lettori della Parola di Dio (o, prima di essi, quelli delle introduzioni) attendano alcuni secondi prima di cominciare, in modo che tutti si siano seduti e non ci siano rumori che pregiudichino o impediscano un ascolto attento.

(*) Il Segno di Croce (mano sinistra sul petto)
 Nel nome del Padre… (ci tocchiamo il capo perché Lui è in alto, è colui che ci ha creati. Ed è il centro dei nostri pensieri e della nostra intelligenza.)
• e del Figlio… (mettiamo la mano sul cuore perché Gesù ci ha amati talmente tanto da dare la sua vita per noi. Si è incarnato, è morto e risorto per la nostra salvezza)
• e dello Spirito Santo… (la nostra mano tocca le spalle perché lo Spirito Santo, il dono di Gesù risorto per noi, rappresenta l’abbraccio di Dio)

► da una catechesi di papa Francesco, all’Udienza Generale del 18 aprile 2018. (segue)

 

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5. Parola da Vivere – 2 t.o. C, 20 gen ’19

La Parola da vivere durante la settimana:

RIEMPITE LE ANFORE
Regalandoci il vino nuovo, Cristo Gesù manifesta la sua gloria e chiarisce i termini della nostra fede, fatta di sponsalità gioiosa. Gesù, Sposo divino, rende possibili e gioiose le nozze di Cana (Gv 2,2). Tutti gli amici dello Sposo, come Giovanni Battista, gioiscono alla voce dello Sposo (Gv 3,29) e l’Eucaristia è, fin d’ora, la celebrazione della gioia nuziale (Mc 2,19: possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro?). Si ritrova anche la gioia di Dio, che in Gesù ritrova la pecora perduta (Lc 15,5), il figlio morto ritornato in vita (Lc 15,24) e il peccatore convertito (Lc 15,10). Tutti segni che il Regno è giunto.

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6. Preghiere dei Fedeli – 2 t.o. C, 20 gen ’19

Le nozze di Cana

Celebrante. Il miracolo di Cana ci ricorda che il Signore vuole le nostre famiglie nella gioia. Nella Preghiera dei fedeli gli domandiamo la capacità di comprendere il suo progetto sulla famiglia, e la grazia di realizzarlo nelle nostre case, in tutta la sua bellezza.

Lettore. Preghiamo insieme e diciamo: Padre, che fai di noi una sola famiglia, ascoltaci.

1. Preghiamo per la Chiesa, chiamata a essere la grande famiglia di Dio. I cristiani che la compongono corrono però il rischio di sciupare tutto con l’egoismo e la ricerca del proprio tornaconto.
Perché trovino nella fede e nella speranza la forza di amare i loro cari, i loro amici e ogni persona, preghiamo.

2. Per gli sposi cristiani. La tenerezza di Dio creatore e padre è il modello a cui anch’essi sono chiamati a conformarsi.
Perché gli sposi riservino al Signore un posto nella casa, e vivano la loro unione nell’affetto, e nella generosa donazione ai figli, preghiamo.

3. Per i fidanzati che si preparano al matrimonio. Porranno solide fondamenta alla loro unione solo maturando una volontà di dedizione reciproca senza limiti.
Perché con la preghiera e nella generosità ottengano dal Signore di diventare capaci d’un amore aperto al dono totale di sé, preghiamo.

4. Per coloro che hanno visto fallire il loro matrimonio. Non si chiudano nell’amarezza, e non lascino inaridire il loro cuore.
Perché in un clima di comprensione e aiuto della comunità cristiana, ritrovino fiducia nella vita, e ancora la gioia di donare e di essere utili, preghiamo.

5. Per le famiglie della nostra comunità. Nella parrocchia, nelle associazioni, nei gruppi, esse possono trovare un clima cordiale di amicizia e solidarietà.
Perché l’ambiente cristiano le aiuti a crescere e maturare, nella comunione con Cristo e la Chiesa, preghiamo.

Celebrante. O Padre, nel tuo figlio Gesù tu ci hai rivelato i valori profondi della vita famigliare. Concedici di essere sempre oggetto del tuo amore, e di costruire con gioia la tua comunità sulla terra, come la grande famiglia dei figli di Dio. Per Cristo nostro Signore.

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8. Aforismi – 2 t.o. C, 20 gen ’19

CANA DI GALILEA
Villaggio a pochi chilometri a nord di Nazaret, di non sicura ubicazione: oggi vengono indicate due località, Kafr Kana secondo la tradizione cattolico-bizantina, e Hirtet Qana secondo i recenti scavi archeologici.
L’attuale Cana è un centro popoloso, con una parrocchia cattolica. Nella sua area risultano reperti molto antichi: una cisterna, abitazioni del 1° secolo proprio sotto l’attuale sacrestia, un mosaico in aramaico che forse fu pavimento di una chiesa-sinagoga. Come pure un’abside bizantina, una grossa giara in pietra, e una tomba del 5° secolo. Nonché reperti dell’epoca dei crociati…
Nei Vangeli, Cana è nominata solo da Giovanni: come luogo in cui il Signore compì il suo primo prodigio, in cui guarì a distanza il figlio dell’ufficiale di Cafarnao (4,46-54), e come patria di Natanaele (21,2).

SPOSARSI NEL SIGNORE
– Non voglio nel tuo cuore che il secondo posto: il primo dev’essere occupato da Gesù Cristo. L’intellettuale francese Ernest Hello alla sposa, nel giorno del loro matrimonio.
– Il matrimonio è l’unione di due cuori, fra i quali si sente battere il cuore di Dio. Dino Semplici
– Bisogna essere in tre, per sposarsi bene: lui, lei, e Dio. Fulton Sheen
– Dio non benedice le nozze per cui non è stato consultato. Santo Curato d’Ars

IL LATO IRONICO
– “Papà, perchè hai sposato la mamma?". “Te lo chiedi anche tu, eh?".
– In confessionale. “Padre, mi sono sposato". “Figliolo, sposarsi non è peccato". “Lo so, ma io mi pento lo stesso".

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9. Canto Liturgico – 2 t.o. C, 20 gen ’19

Ecco a voi questa settimana un canto per la COMUNIONE o il RINGRAZIAMENTO

VERGINE DEL SILENZIO – D. Machetta
(Nella Casa del Padre – Elledici)

Vergine del silenzio,
che ascolti la parola e la conservi,
donna del futuro, aprici il cammino.

Silenzio di chi vigila,
silenzio di chi attende,
silenzio di chi scopre una presenza.

Silenzio di chi dialoga,
silenzio di chi accoglie,
silenzio di chi vive in comunione.

Silenzio di chi prega,
silenzio di chi è in pace,
silenzio di chi è “uno” nel suo spirito.

Silenzio di chi è povero,
silenzio di chi è semplice,
silenzio di chi ama ringraziare.

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10. Narrazione – 2 t.o. C, 20 gen ’19

LA MOGLIE PERFETTA

Mullah Nasrudin era seduto nel negozio del tè quando arrivò un vicino per parlare con lui.
«Sto per sposarmi, Mullah», gli disse l’amico,
«e sono molto eccitato. Tu non hai mai pensato di sposarti?».

Nasrudin rispose:
«Sì, ci ho pensato. Quand’ero giovane lo desideravo molto.

Volevo trovare la moglie perfetta.
Mi sono messo in viaggio per cercarla e sono andato a Damasco.
Là ho incontrato una bella donna piena di graziagentile e molto spirituale,
ma che non conosceva il mondo.

Allora mi sono rimesso in viaggio e sono andato a Isphahan.
Là ho incontrato una donna che era sia spirituale che mondana,
bella sotto molti punti di vista, ma non riuscivamo a comunicare.

Alla fine sono andato al Cairo e dopo molte ricerche l’ho trovata.
Era profonda di spirito, piena di graziabella sotto tutti i punti di vista,
a suo agio sia nel mondo che nei regni che lo trascendono.
Sentivo di aver trovato la moglie perfetta».

L’amico gli fece un’altra domanda: «Allora perché non l’hai sposata, Mullah?».

«Ahimè» disse Nasrudin scuotendo la testa, «anche lei stava cercando il marito perfetto».

Uno scapolo chiese al computer di trovargli la compagna perfetta:
«Voglio una ragazza piccina e graziosa, che ami gli sport acquatici e le attività di gruppo».
E il computer rispose: «Sposa un pinguino».

Amare significa accogliere un «altro»
con il suo modo di essere, la sua diversità, i suoi difetti,
non la copia di qualche nostro stupido sogno.
Il marito perfetto è quello che non vuole una moglie perfetta.